Sono i nuovi invisibili. Persone che fino a qualche tempo fa avevano una vita normale, potevano fare acquisti nei negozi e nei supermercati, ma che adesso per mangiare rovistano nei bidoni dei rifiuti degli scarti alimentari dei supermarket. Un piccolo esercito di nuovi poveri, che si sono uniti ai “classici” senzatetto nella lotta quotidiana per conquistare del cibo e l’essenziale per vivere. Un fenomeno che occhi distratti non notano, magari persi sullo schermo di un cellulare, ma che è diventato fin troppo presente nelle strade del nostro territorio, tra Pomezia,Torvaianica, Ardea e Tor San Lorenzo.
Agli stranieri si sono aggiunti gli italiani, ai clochard si affiancano persone che una casa ce l’hanno, ma che non riescono comunque ad avere abbastanza soldi per poter pagare tutto, tanto meno il cibo. E allora frugano nei bidoni marroni dei supermercati, alla ricerca di avanzi: confezioni di affettati, anche se scaduti, pane vecchio, barattoli di pomodoro o lattine di tonno. «Ogni giorno vedo tanta gente che viene a rovistare nei bidoni – racconta la commessa di un negozio – Non si tratta solo dei classici barboni, quelli che ho sempre visto, da anni. Ultimamente si sono aggiunte altre persone, sia uomini che donne, tutti italiani. Si tratta di persone che fino a poco tempo fa venivano in negozio a fare acquisti, poi non sono venuti più e adesso li vedo così».
Le possibili cause
Perdita del lavoro, separazioni, divorzi: sono tante le cause che portano all’indigenza. E in tutte c’è un comune denominatore: la mancanza di vero sostegno, accompagnata spesso da un forte senso di vergogna da parte di chi vive questa situazione. Certo, a volte ci sono ragioni diverse e meno empatiche – dalle ludopatie alle dipendenze da sostanze stupefacenti o da alcol – ma è incredibile quante possano essere le persone in difficoltà che, pur avendo bisogno di aiuto, non chiedono nulla e per questo sono sempre più invisibili. Abbiamo tenuto sotto controllo i supermercati del territorio, concentrandoci – per questa volta – su Pomezia e Torvaianica. A Torvaianica, davanti ai cassonetti del supermercato Todis di piazza Italia, ogni giorno c’è una processione di persone che cercano cibo e rovistano nei bidoni fino a quando non trovano qualcosa. A volte capita che qualche dipendente offra qualcosa da mangiare – un panino, un pezzo di pizza calda – ma solitamente quando vedono arrivare qualcuno preferiscono allontanarsi. Un paio di persone vengono aiutate dal panificio che si trova poco distante. Alla chiusura prendono pane e pizza, e con quelli riescono almeno a riempire lo stomaco. La stessa cosa avviene davanti agli altri supermercati di Torvaianica, anche se in modo meno evidente. L’Eurospin, così come il Carrefour, hanno i secchioni in punti molto trafficati (il Todis invece li ha nella stradina laterale) e questo fa da deterrente perché crea imbarazzo.
Le richieste d’aiuto in Chiesa: l’intervista a Don Andrea
Grazie al reddito di cittadinanza, rispetto al passato meno persone si rivolgono alle organizzazioni riconosciute come la Caritas, dichiara Annamaria Perduto, responsabile per la zona di Martin Pescatore. Ma questo non significa che la situazione sia rosea, anzi. L’intervista fatta a Don Andrea, Parroco della Chiesa Beata Vergine Immacolata di Torvaianica, mostra invece un panorama alquanto scoraggiante: solo al centro della cittadina ci sono almeno 40 nuclei familiari che si sono rivolte alla parrocchia per poter avere un aiuto concreto: soldi, cibo, vestiario. E questi sono solo i casi “emersi”. Poi ci sono i “sommersi”. Tutti quelli che, per un motivo o per un altro, preferiscono evitare chiedere aiuto alle istituzioni. Per vergogna, imbarazzo, oppure semplicemente perché preferiscono risolvere in altro modo. E sono molti di più di 40. E se nella prima categoria trovavamo quasi esclusivamente stranieri, in quest’altra ci sono prevalentemente italiani.
L’intervista a Don Andrea
Che tipologia di persona chiede aiuto alla vostra parrocchia?
«Spesso sono uomini e donne che chiedono aiuto perché all’interno della loro famiglia all’improvviso moglie o marito, o entrambi, hanno perso il lavoro e si trovano in difficoltà economiche, perché non hanno i soldi per pagare il mutuo o l’affitto. Si tratta quasi sempre di stranieri, di origine rumena, albanese, moldava e polacca. Gli italiani sono pochissimi, solitamente hanno situazioni di monoreddito, vivono magari grazie alla pensione di invalidità di un parente, come può essere un nonno o un genitore che hanno accolto a casa, ma questa non è sempre sufficiente, anzi, non lo è quasi mai».
Don Andrea è a Torvaianica da 6 mesi. È arrivato lo scorso settembre e già ha scoperto quali sono i posti dove si rifugiano alcuni disperati del territorio. Edifici abbandonati, baracche, ponti: nulla è sfuggito ai suoi occhi attenti, anche se non tutti si sono rivolti a lui per chiedere aiuto.
Le sono capitati casi particolari?
«Ho in mente una situazione di una persona sola e ammalata, in condizioni di grave disagio e difficoltà personali, affettive e sociali. Di lei nessuno si occupa, o perlomeno non quanto servirebbe per arrivare a una soluzione. Ogni tanto viene in parrocchia e cerco di aiutarla per quanto possibile. Per il resto si tratta ti casi più “normali”: prevalentemente anziani, persone sole, oppure agli arresti domiciliari. Qualche volta segnalo delle situazioni ai Servizi Sociali, con cui c’è una bella intesa, così come con le Caritas Diocesane delle altre parrocchie del territorio».
Ma quante sono le persone che si rivolgono a lei per un aiuto?
«Io posso parlare solo per la parrocchia di Torvaianica centro: qui ci sono almeno una quarantina di nuclei familiari che hanno bussato alla nostra porta perché si trovano in difficoltà».
Non sono certo poche, se si considera che parliamo solo di una parte di Torvaianica. Bisogna infatti considerare le famiglie che si rivolgono alle parrocchie di Martin Pescatore, Campo Ascolano e Torvaianica Alta, solo per restare in zona. E poi tutte le chiese di Pomezia e delle varie periferie. Ed ecco che esce fuori un esercito di nuovi poveri che fanno capire come il livello di povertà sia aumentato rispetto a qualche anno fa.
Senza contare tutti quelli che non si rivolgono alla chiesa per varie ragioni…
«E questo è un numero certamente elevato: sono persone davvero ‘nascoste’, a volte bisogna andarle a cercare, se si viene a sapere delle loro condizioni di disagio».
Gli italiani sono più restii a chiedere aiuto?
«Forse non vengono da noi perché preferiscono rivolgersi a genitori, ai parenti, magari anche invalidi, stringendo la cinghia il più possibile. L’italiano poi è più facile che abbia la casa di proprietà e riesce meglio ad arrivare alla fine del mese, chiedendo appunto aiuto ai genitori, mentre gli stranieri non hanno nessuno e vengono in chiesa. E poi a volte non hanno nemmeno i documenti in regola, quindi non hanno alternative».
Qual è il suo messaggio?
«Io dico alla comunità di Torvaianica che la carità è il centro della comunità parrocchiale. Ci giochiamo la nostra credibilità sulla carità operosa e concreta, fatta di gesti, vicinanza e sensibilizzazione. La comunità deve prendersi a cuore le persone più fragili e disagiate e bisognose: insieme alla fede servono le opere, perché la fede senza le opere è morta».
Il caso di Pomezia
Ciò che abbiamo potuto constatare è che esiste una differenza tra il centro e il litorale. Se a Torvaianica ad esempio le associazioni come la Caritas danno sostegno a persone senzatetto a Pomezia, parlando con la sezione di San Benedetto, non ci sono situazioni di questo tipo. Non si riscontra poi, almeno per ora, il fenomeno riguardante la ricerca di cibo nei cassonetti della spazzatura adiacenti ai supermercati. Anche i panifici o i forni operano soprattutto con le associazioni fornendo loro in particolare la rimanenza di giornata; diverso è il discorso per i negozi di frutta e verdura: in questo caso c’è qualcuno che si avventura a raccogliere ciò che viene buttato.
La Caritas di San Benedetto
Incontriamo la signora Marinella, referente della sezione parrocchiale con sede alle spalle di Piazza Indipendenza, che ci spiega come funziona la loro attività. «Il nostro lavoro si basa essenzialmente sull’aiuto dei volontari. Assistiamo circa 230 persone tra fisse, quelle cioè che si recano da noi regolarmente, e saltuarie. Tra queste un centinaio sono straniere. Parliamo nel complesso di 70 famiglie più o meno, con nuclei che possono variare dal monocomponente a quelli più grandi, composti anche da 8-9 individui. Per iscriversi alla nostra Caritas chiediamo pochi documenti; è una prassi necessaria perché in questo modo siamo sicuri di assistere le persone effettivamente bisognose».
Come funziona la vostra attività?
«Per pane, pizza o prodotti da forno abbiamo la distribuzione due volte alla settimana, grazie a quattro forni che collaborano con noi che ci danno la rimanenza di giornata. Noi prepariamo poi dei pacchi di egual contenuto in base a quante persone si presentano. Dal banco alimentare riceviamo altri beni di prima necessità (olio, pasta, ecc.) ma anche dai parrocchiani. Devo dire che la nostra comunità è molto attiva anche per provvedere qualcosa di più sfizioso: l’appello lo lancia sempre Don Giuseppe e le risposte vanno sempre oltre le nostre aspettative».
Ricevete anche frutta e verdura o prodotti alimentari freschi?
«Sì. I generi alimentari prossimi alla scadenza vengono donati da un grosso magazzino che ha sede a Santa Palomba mentre, mentre per frutta e verdura veniamo riforniti da aziende che trattano soprattutto prodotti biologici».
Per gli indumenti come funziona?
«Sempre attraverso la rete dei volontari. Anche in questo caso i vestiti vengono consegnati alle persone bisognose due volte al mese: man mano che li riceviamo, li ordiniamo per “età”, taglia e così via. Le persone poi vengono qui e si scelgono quello che preferiscono».
Capita che qualcuno voglia donare del denaro?
«Qualche volta succede. I fondi che abbiamo non sono molti ma a volte è successo che con il denaro raccolto abbiamo pagato le bollette a chi non ne aveva la possibilità. Devo dire che, anche per questo, i nostri parrocchiani sono sempre molto disponibili».
Negli ultimi anni le persone che assistite sono aumentate o diminuite?
«Da tre anni a questa parte i numeri sono rimasti sempre più o meno gli stessi. Tra quelle persone che decidono di non venire più o altre, nuove, che vogliono iscriversi, il trend è rimasto pressoché invariato, sempre attorno alle 200 unità. Un cambiamento però è stato registrato: alcuni di coloro che stanno beneficiando del Reddito di Cittadinanza sono venuti a comunicarcelo, dicendoci che non avrebbero più usufruito dei nostri servizi per lasciare spazio ad altre persone maggiormente nel bisogno. E’ stato un comportamento corretto che abbiamo molto apprezzato».
I servizi sociali del Comune di Pomezia
Nella nostra inchiesta abbiamo coinvolto anche l’Amministrazione comunale. « A sostegno di chi è più in difficoltà, l’Ente mette a disposizione una serie di servizi dedicati che consentono l’avvio di percorsi di sostegno e accompagnamento, sia dal punto di vista economico che sociale, fino all’assegnazion di case di edilizia popolare», fa sapere il Comune. «Stiamo svolgendo un grande lavoro di coordinamento nell’ambito dei servizi sociali del distretto sociosanitario – aggiunge l’Assessore Miriam Delvecchio – L’obiettivo è implementare i servizi in maniera organica con investimenti adeguati, sia in termini di fondi che di risorse, e la strada intrapresa è quella giusta. Colgo l’occasione per ringraziare il Comune di Ardea, con cui lavoriamo in stretta collaborazione in quest’ambito, tutti i Dipartimenti dell’Asl RM 6.4, la Dirigente ai Servizi Sociali e l’Ufficio di Piano per la professionalità e passione con cui svolgono il loro lavoro quotidianamente».
Quante sono le persone assistite?
«Attualmente i nuclei familiari che usufruiscono dei servizi offerti dalle Politiche Sociali dell’Ente sono 3073».
Avete il dato sul Reddito di Cittadinanza?
«Sì, certamente. I cittadini che hanno accesso al Reddito di Cittadinanza sono 939. Il Comune ha dato l’adesione per l’attuazione dei Progetti Utili alla Collettività (PUC) da parte dei beneficiari di RDC da attuarsi in diversi ambiti di intervento: sociale, ambientale, artistico, formativo, culturale, tutela dei beni comuni. Negli ultimi mesi, con il nuovo Ufficio di Piano per i servizi sociali del Distretto RM 6.4, e la programmazione partecipata dei Piani di Zona, condivisa con tutte le realtà sociali del territorio, è stato possibile avviare gli interventi previsti dal Piano Attuativo Locale (PAL) di contrasto alla povertà».
Cosa ha comportato questo?
«E’ stato innanzitutto predisposto il rafforzamento del Segretariato sociale e del Servizio sociale professionale con il reperimento di 11 assistenti sociali (6 a Pomezia e 5 ad Ardea), 2 psicologhe e 2 educatori per la presa in carico dei beneficiari di RDC. E’ stata attivata inoltre la formazione per i beneficiari di RDC e partiranno a breve i tirocini lavorativi. Ampliato il servizio di sostegno alla genitorialità e mediazione familiare in fase di affidamento dei minori; avviati interventi e servizi per cittadini in condizioni di povertà estrema e senza dimora».
Maria Corrao e Luca Mugnaioli