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Mafia e territorio: il litorale romano tra Ostia, Torvaianica, Anzio e Nettuno al centro degli affari malavitosi

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Uomini della divisione antimafia indagano su mafia e usura a Pomezia

Che a Roma ci sia la mafia non è certo un segreto. Come riporta la relazione semestrale della Direzione Antimafia, “La vastità del territorio della città e la presenza di numerose attività commerciali fanno della Capitale un luogo favorevole per una silente infiltrazione delle organizzazioni mafiose del sud”. 

Il “processo evolutivo” dei rapporti instaurati con il territorio emerge grazie ai risultati ottenuti dalle forze dell’ordine in alcune significative operazioni, che mettono in evidenza come il litorale romano compreso tra Ostia e Nettuno venga privilegiato dalla malavita organizzata siciliana, calabrese, campana e pugliese.

Ma ecco quali sono le famiglie e le operazioni maggiori dei primi 6 mesi del 2019 e i collegamenti tra clan e tra territori.

Partiamo dall’operazione Equilibri, che ha visto il suo epicentro a Torvaianica, con estensioni a Pomezia, Ardea e tentativi di allungamento ad Anzio. Ecco cosa riporta la relazione.

I CLAN CATANESI A TORVAIANICA

“L’operazione “Equilibri” ha evidenziato la presenza della famiglia FRAGALÀ, promanazione del clan catanese SANTAPAOLA-ERCOLANO, che oltre a gestire traffici illeciti nella provincia romana, aveva avviato una serie di relazioni e affari con altri gruppi criminali mafiosi tradizionali e locali. Il sodalizio mafioso, costituito da un gruppo familiare stanziato a Torvajanica (RM), faceva perno anche sulla figura di un anziano esponente di Cosa Nostra palermitana, stanziatosi a Roma a partire dagli anni ‘60 e già uomo di fiducia del noto Pippo CALÒ. Sono state inoltre disvelate la composizione e le caratteristiche strutturali del clan in territorio laziale e la sua piena operatività nell’area ricompresa. I FRAGALÀ, attivi tra Torvajanica, Pomezia e Ardea, ampliavano la propria consistenza organica sia aggregando soggetti legati alla famiglia catanese dei LORIA (a sua volta legata al clan MAZZEI), sia realizzando una “fusione” funzionale con il clan dei CASALESI. Nel corso del biennio 2014/2016, le due strutture mafiose hanno infatti realizzato una “saldatura” a tutela dei rispettivi interessi, che ricomprendevano anche il settore degli stupefacenti, approvvigionati in Colombia e Spagna e poi distribuiti a Roma, Palermo e Catania. In tale contesto, per problematiche inerenti ad una partita di sostanze stupefacenti, soggetti collegati al clan CAPPELLO di Catania hanno realizzato, a Torvajanica, il sequestro di un membro della famiglia FRAGALA’ (Ignazio, Ndr), conducendolo, come ostaggio, a Catania al fine di trovare una veloce risoluzione del dissidio.

Altri settori d’interesse sono risultati il traffico di armi e di esplosivi, le estorsioni realizzate con modalità mafiose, il controllo di attività economiche, l’infiltrazione nel settore socio-politico-amministrativo di Pomezia, realizzata grazie a storici rapporti di collusione con politici locali ed imprenditori. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, è poi da evidenziare il particolare ruolo di una imprenditrice appartenente alla famiglia (Astrid, Ndr). La donna, testa di ponte tra il clan e vari esponenti della pubblica amministrazione, era infatti impegnata nella politica e nell’associazionismo di categoria, tanto da assumere incarichi di spicco utili alla consorteria. In tale contesto, il sodalizio si era posto (nel 2015) anche quale promotore della costituzione di uno schieramento politico, che mirava ad assumere il controllo del Comune di Pomezia in occasione delle elezioni amministrative del 2018: ciò a conferma della propensione delle organizzazioni mafiose siciliane all’infiltrazione degli Enti locali, per subentrare con ruoli decisionali nella gestione della cosa pubblica a favore degli interessi della consorteria”.

I Fragalà sono collegati anche ai Senese, come emerge dalle carte processuali, quindi alla camorra napoletana, ma non solo.

LA MAFIA A POMEZIA: NON SOLO FRAGALA’

Fragalà a parte, l’area di Pomezia non è esente da infiltrazioni mafiose, che non disdegna il ricorso ad azioni violente ed attentati, di cui però solo una parte vengono denunciati e pertanto scoperti. Come quello avvenuto ai danni di un imprenditore del posto, mediante l’esplosione con un fucile automatico di 28 colpi all’indirizzo della villa nella quale l’uomo si trovava unitamente al proprio nucleo familiare. Questo episodio rappresentava solo l’ultimo di una serie mai denunciati, posti in essere fra il 2012 ed il 2016 ai danni delle abitazioni della vittima e di un altro imprenditore, nel frattempo trasferitosi in Spagna. In particolare, è emerso che il gruppo criminale aveva in precedenza dapprima depositato nel giardino dell’abitazione di una delle vittime alcune cartucce e, nella seconda circostanza, esploso colpi di arma da fuoco verso l’immobile. Nel febbraio del 2015, a Torvaianica, aveva lanciato nel giardino dell’abitazione della seconda vittima due ordigni che deflagravano al suolo e che, dai successivi accertamenti, si erano rivelati bombe a mano. Gli autori sono poi stati identificati e arrestati. Ma quanti sono gli episodi di intimidazione violenta o di attentati veri e propri – come è stato anche raccontato ai nostri microfoni – che non sono mai stati denunciati?

LE INFILTRAZIONI DELLA CAMORRA NEL X MUNICIPIO

E la camorra si fa sentire sul litorale: sempre a maggio, proprio in contemporanea con l’operazione Equilibri, vengono state arrestate “sei persone collegate alle famiglie COSTAGLIOLA (detti “i napoletani di Acilia” e considerati appartenenti alla Nuova Camorra Organizzata) e SANGUEDOLCE (legati ad una figura di spicco della criminalità locale) che da anni si contendono il mercato dello spaccio delle sostanze stupefacenti, delle estorsioni e dell’usura sul litorale romano che negli ultimi tempi avrebbero inasprito i contrasti per subentrare negli spazi non più occupati dai FASCIANI e dagli SPADA, indeboliti dalle azioni investigative. Nell’occasione, sono stati contestati i reati di tentato omicidio, sequestro di persona, porto abusivo di armi da sparo, esplosione di colpi di arma da fuoco in luogo pubblico e lesioni personali. I contrasti tra le due famiglie sono riconducibili alla volontà di predominio criminale sulle piazze di Acilia, Dragona e Dragoncello ed hanno visto le due fazioni, nel tempo, affrontarsi in regolamenti di conti anche particolarmente cruenti, di tipo “gangsteristico”. Gli arresti eseguiti rappresentano, infatti, la conseguenza di vari scontri avvenuti, in pubblico, tra il giugno ed il settembre dello scorso anno, che non erano però stati denunciati da alcuno, stante il clima di omertà che le due organizzazioni criminali erano in grado di imporre, pur non essendo qualificabili come consorterie mafiose”.

L’ATTENZIONE VERSO OSTIA

Spostando ora l’attenzione verso il litorale romano, si segnala la presenza di vari sodalizi locali che per lungo tempo si sono affermati sul territorio anche ricorrendo ad azioni violente. Ci si riferisce, in particolare, alle rivalità tra i clan degli SPADA, dei FASCIANI e dei TRIASSI, questi ultimi collegati alla cosca agrigentina dei CARUANA-CUNTRERA.

In merito agli Spada, nell’ambito dell’operazione “Apogeo” la Guardia di Finanza aveva sequestrato beni riconducibili ad esponenti di spicco del clan per un valore complessivo di 19 milioni di euro. L’indagine patrimoniale aveva permesso di ricostruire le modalità con le quali gli appartenenti a tale famiglia avevano posto le basi, a Ostia, con il diffuso utilizzo di metodologie mafiose, per il controllo delle attività di balneazione, delle sale giochi e di esercizi commerciali lidensi, destinando per lo sviluppo di tali attività i proventi di estorsioni, usura e traffico di sostanze stupefacenti. 

Riguardo ai Triassi, il rapporto della DIA fa riferimento all’operazione “Maverick“, che ha permesso di scoprire il complesso rapporto tra le famiglie lidensi e offerto una chiave di lettura ai vari atti intimidatori susseguitisi nel tempo (frutto del continuo riposizionamento delle zone di influenza). Nell’ambito di tale provvedimento si legge che “… Le forze in campo sono costituite: da una componente di ascendenza criminale molto qualificata, facente capo (anche per vincoli di parentela) alla cosca Caruana-Cuntrera di Cosa nostra, presente sul territorio dagli anni ’80 (la famiglia TRIASSI), e a soggetti di grande prestigio criminale appartenenti a Cosa nostra palermitana, con riconosciuta funzione di alta mediazione; dagli epigoni della Banda della Magliana, legati in varia guisa alle organizzazioni criminali autoctone strutturatesi, quanto al metodo, sul modello di quelle classiche; dalla famiglia FASCIANI, operativa dagli anni ’90, attiva nel settore del traffico internazionale di stupefacenti e nel controllo delle attività economiche di balneazione e ricreative del litorale, con significativa disponibilità di armi; dalla (alleata e subordinata) famiglia SPADA; dall’ormai decaduto “clan BAFICCHIO”, costituito dalle famiglie CARDONI-GALLEONI, epigoni della Banda della Magliana, sconfitto (dopo l’omicidio dei suoi vertici) dalla famiglia SPADA, che ne ha occupato spazi criminali e territorio per l’esazione del pizzo. Vi è poi una componente di ascendenza camorristica, a sua volta articolata in diverse sottostrutture, operative l’una nel territorio di Ostia e l’altra nel territorio di Acilia, il cui core business, oltre al traffico di stupefacenti, è il gaming: la gestione delle sale da gioco con slot e VLT….”.

l territorio del lido di Ostia è stato profondamente infiltrato dalla criminalità organizzata attraverso l’utilizzo del metodo mafioso. Oltre alla gestione del traffico di stupefacenti, i FASCIANI si sono indirizzati verso il controllo delle attività di balneazione, subentrando progressivamente agli SPADA e mettendo in atto una serie numerosa di atti intimidatori.

ANZIO E NETTUNO

La relazione della DIA non tralascia la zona di Anzio e Nettuno, che occupano anzi un posto di rilievo per le organizzazioni mafiose.

“…assai preoccupante è la situazione nei comuni di Nettuno e Anzio, nella parte meridionale della provincia di Roma…”, estendendo quindi l’analisi anche ad altri comuni limitrofi, quali Ardea ed Aprilia (quest’ultima insiste nella limitrofa provincia di Latina). Ed in effetti, già dal 2004, con indagini coordinate dalle Autorità giudiziarie di Catanzaro e Roma venne disvelata la proiezione nei citati territori della cosca GALLACE di Guardavalle (CZ). Proprio a tali vicende si ricollega, nel 2005, lo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Comune di Nettuno, primo provvedimento della specie ad avere avuto luogo nel Lazio”. “La “’ndrangheta capitale” – si legge ancora – ha la sede principale in questi territori, tra il grattacielo “Scacciapensieri” e le spiagge confiscate, nelle strade che portano dal vecchio borgo marinaro di Nettuno alle strade desolate tra Lavinio, Anzio e Ardea. In questi territori opera in particolare una locale di ‘ndrangheta riferibile al clan Gallace […]. Il clan Gallace, insediato lì da almeno trent’anni, ha saputo intessere, negli anni, un reticolo di relazioni con esponenti della malavita locale sia nelle realtà di Anzio e Nettuno, sia nella realtà di Aprilia, sia nelle principali piazze di spaccio della Capitale come San Basilio…”

“In tale contesto – prosegue il documento nella parte dedicata ad Anzio e Nettuno – l’azione di contrasto si è caratterizzata nel semestre per l’effettuazione di alcuni provvedimenti che hanno colpito i patrimoni illecitamente acquisiti. Il 29 gennaio 2019 è stato eseguito il decreto di confisca emesso dal Tribunale di Roma nei confronti di beni riconducibili proprio alla ‘ndrina GALLACE-NOVELLA per un valore di circa 1,3 milioni di euro. L’attività costituisce l’epilogo dell’operazione “Antium”, coordinata dalla DDA e ha consentito di ricostruire la carriera criminale e la posizione economico-patrimoniale di 7 persone coinvolte in un traffico di sostanze stupefacenti e ritenute collegate alla citata ‘ndrina, operante appunto nei comuni di Anzio e Nettuno.

In tali territori anche la criminalità campana, oltre a far arrivare stupefacenti, investe i proventi illeciti nelle più diversificate attività economiche, quali la gestione di esercizi commerciali e di sale giochi, il mercato immobiliare, i servizi finanziari e di intermediazione, gli appalti pubblici, lo smaltimento di rifiuti, l’edilizia, con le collaterali attività di gestione di cave, di estrazione dei materiali inerti, etc.”

 

 

 

 

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