La pellicola “Finché morte non ci separi” appare come un lavoro molto confuso, che nasce bene sotto il segno del thriller e si conclude in una chiave horror che ben poco si abbina allo svolgimento del film.
Eppure c’era tanto materiale ottimo per tirare giù un’ottima storia, pur partendo con un cast dove la protagonista aveva il volto Samara Weaving (“La babysitter” di MCG) e negli altri personaggi recitavano attori come Adam Brody (il Seth Cohen di The O.C.), Henrry Czerny (“Mission: Impossible, Sotto il segno del pericolo”) e la famosa testimonial della L’Oreal Andie MacDowell.
Nonostante un cast non proprio di primissimo piano, la trama si presentava avvincente anche dalla visione di un primo trailer.
Il ricco rampollo Daniel Le Domas (Mark O’Brien) sposa la giovanissima Grace (Samara Weaving), che in tutto l’arco del film mostra di odiare lo stato sociale e i modi che contraddistinguono i ricconi americani. Un fastidio che pare metter da parte solo per l’amore che la lega al suo futuro marito, considerato che era ben consapevole di non piacere alla famiglia dell’amato.
La famiglia Le Domas infatti appare dall’inizio come un nucleo familiare tanto ricco quanto esuberante, soprattutto con delle pericolose tradizioni che contraddistinguono la vita all’interno della loro villa: tra queste un famoso gioco che tendono a svolgere ogni volta che un proprio componente della famiglia si unisce in matrimonio con una persona estranea al loro nucleo familiare, con quest’attivit che alla prima mezzanotte dopo le nozze sono soliti mettere in piedi con tutti i componenti della famiglia.
I giochi che possono essere eseguiti sono molteplici, a secondo di quello che il nuovo elemento della famiglia – che sia sposa o sposo – pesca da una scatoletta magica che si tramanda da diverse generazioni all’interno della famiglia Le Domas. Grace ha la sfortuna di pescare il diabolico e sanguinario gioco del “Nascondino“, dove la sposa diventa una preda per tutta la famiglia da essere sacrificata sacrificata a Satana per salvaguardare le sorti di quello che viene definito il “Regno Le Domas”.
La famiglia con un proprio avo marinaio infatti aveva raggiunto le proprie ricchezze e le proprie fortune nel mondo dei giocattoli dopo un accordo con un ricco signore, che nel tempo si dimostrerà essere un convinto sostenitore dei riti esoterici e satanici: il patto infatti tra le parti stava con infinita ricchezza ai Le Domas, in cambio di un sacrificio umano con la sposa e lo sposo dei propri discendenti di sangue entro la prima alba dopo il rituale del matrimonio.
Nonostante le location suggestive riportano alla mente le modalità del Cluedo con tutti i componenti armati in cerca della sposa, spesso il film dimostra di non arricchire o seguire la logica di base della propria trama. Una disastrosa narrazione che ben poco lascia ai colpi di scena, intuibili nel corso di tutto il film.
Ma ben peggiore è la costruzione della famiglia cattiva, che equipaggiati male e soprattutto goffi rendono la pellicola più una commedia nera piuttosto che un vero e proprio horror-thriller: non di rado in sala si è sentita una sonora risata, in un effetto che ogni film dell’orrore dovrebbe evitare per una propria credibilità cinematografica e soprattutto di stato emotivo.
In questa psico-comica firmata dai registi Matt Bettinelli Olpin e Tyler Gillett, si salva solamente l’interpretazione della giovane Weaving: la ragazza riesce a entrare nella storia, mostrando ironia, paura e soprattutto quella follia che si palesa dopo che dieci familiari del tuo sposo cercano di ammazzarti senza apparenti motivi oltre l’antipatia personale.
Il finale è incommentabile, considerato come lo scenario da classico “rituale satanico” si traduce in una caricatura del mondo paranormale.
Voto della pellicola: 5