Il provvedimento nasce a seguito delle indagini effettuate da Arpa Lazio che hanno individuato nel territorio comunale di Pomezia una contaminazione della falda acquifera da solventi clorurati (tetracloroetilene, tricloroetilene e alluminio), a cui è seguita una missiva della USL Roma H del 21 gennaio scorso in cui si richiedeva espressamente di “emettere un’ordinanza finalizzata a fornire a tutta la popolazione interessata un’informazione in merito alla contaminazione della falda acquifera del territorio”. L’ordinanza prevede, sulla base di quella sindacale del 22 giugno 2010, che “tutti i privati, gli enti, i pubblici esercizi e le aziende del settore alimentare e non alimentare, che intendano realizzare nuovi pozzi o che già utilizzano per consumo umano le acque emunte da pozzi privati regolarmente denunciati alla Provincia di Roma, inoltrino, qualora non lo abbiano già fatto in base alla precedente ordinanza n. 81 del 22/06/2010, entro il termine di 180 giorni dalla pubblicazione del presente atto (da ieri, ndr), la richiesta di espressione del giudizio di idoneità al SIAN (Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione) dell’Azienda USL Rm H” (modulo disponibile sul sito del Comune di Pomezia); e quindi pone il divieto all’utilizzo delle acque a chi non ha acquisito il giudizio della USL, con obbligo, in caso di superamento dei limiti delle concentrazioni dei parametri previsti, di dotarsi immediatamente di idonei sistemi depurativi atti a ripristinare i valori dei parametri ai limiti di legge.
La zona interessata dalla contaminazione è l’area industriale di Pomezia al confine con il limite amministrativo comunale di Roma, che, seguendo l’andamento piezometrico della falda, ricomprende anche le zone industriali di via Tito Speri, via Naro e via Campobello a cavallo della Strada Regionale 148 “Pontina” e la zona industriale in prossimità dell’incrocio via Laurentina/via Castelli Romani, fino a via Solforata (ex Cava di Zolfo). Un altro spot di intensa contaminazione è rilevabile nell’area industriale di Santa Palomba.
Si ritiene che tale contaminazione sia presumibilmente storica, verosimilmente connessa ad attività attuali e/o pregresse, per le quali non è ad oggi possibile individuare i soggetti responsabili, trattandosi non di stato di “contaminazione di sito”, ma bensì di contaminazione di “AREA VASTA”, quindi legata ad un contesto territoriale (o extraterritoriale nel senso amministrativo) non puntuale ma diffuso. Le Autorità competenti si stanno occupando della contaminazione attraverso lo studio del fenomeno sotto il profilo idrogeologico ed igienico-sanitario ed ambientale, contestualmente ad azioni istituzionali di monitoraggio e controllo delle aziende ricadenti nelle zone interessate.
E’ importante sottolineare che la linea dell’acquedotto (acqua potabile) che serve le abitazioni dei cittadini residenti nel bacino dell’area contaminata non è in alcun modo coinvolta nella problematica.