Eccoci nuovamente all’appuntamento settimanale con i racconti di Nicola Genovese, autore del romanzo “Il figlio del prete e della zammara”.
Quanto conta il destino, nella nostra vita? Le coincidenze, così come gli incontri fortuiti e inaspettati, a volte riescono a cambiare, nelle piccole o nelle grandi cose, il corso della nostra vita.
Giulia ed Emma erano due bambine romane, cresciute insieme come due sorelle.
I loro giochi erano le “bambole”, e in particolare quello preferito era curare “Barbie ammalata”.
Avevano frequentato la stessa scuola Elementare e Media.
Poi erano andate al Liceo Classico, dove avevano conseguito la maturità con il massimo dei voti.
Non avevano grilli per la testa e conducevano una vita morigerata.
Dopo, le loro strade si erano divise.
Emma aveva vinto una borsa di studio presso l’Università di Boston. Durante gli anni delle superiori, aveva vissuto solo con la mamma rimasta vedova.
I loro caratteri erano diversi. Remissiva la mamma, ribelle e libera lei. Non andavano d’accordo e fu ben contenta di lasciare Roma e andare all’estero.
Giulia invece aveva un carattere dolce e altruista.
Non volle saperne di trasferirsi come l’amica, preferendo iscriversi alla Luiss. Aveva una famiglia molto unita e viveva bene a casa, insieme ai suoi fratelli.
Si separarono con molto dolore. I primi tempi si scrivevano e si telefonavano, poi gli impegni, sempre crescenti, diradarono i loro contatti fino ad annullarsi.
Trascorsero molti anni, ma le loro vite erano destinate a incrociarsi ancora.
Giulia aveva conseguito la laurea in medicina e si era specializzata in pediatria. Lavorava al Bambino Gesù, dove aveva avuto l’incarico di organizzare un Convegno a
livello mondiale sull’oncologia pediatrica. Un grosso compito per il quale non voleva sfigurare.
Durante una sessione dei lavori aveva conosciuto il dott. Scott, relatore per conto della Boston Children’s Hospital.
Si ricordò che Emma era andata in quella città a studiare. Gli chiese, con poche speranze, se per caso l’avesse mai conosciuta. Fu fortunata! Dopo una dettagliata descrizione dell’amica, il dott. Scott si ricordò di averla avuta sua allieva all’Università.
Da quello che il dott. Scott ricordava, la sua amica dopo la laurea era andata volontaria in Africa con l’organizzazione di Medici senza Frontiere.
Aveva un grande amore verso i bambini e la sua missione era quella di poterli assistere e curare.
Era stata inviata in Kenya, nell’Ospedale Pediatrico di Nairobi, dove erano ricoverati bambini malnutriti e afflitti da malattie infettive.
Lì aveva avuto modo di fare anche una lunga esperienza in malattie tropicali.
Che strana coincidenza!! Entrambe le amiche avevano intrapreso la stessa professione.
Se Giulia non avesse incontrato il dott. Scott non avrebbe mai saputo dove era andata a finire la sua amica del cuore.
Ne fu particolarmente felice e dopo pochi giorni, attraverso M.S.F. Sede di Parigi, riuscì a sapere che Emma si trovava ancora in Kenya e le dettero il numero del suo cellulare.
La chiamò e la gioia di risentirsi fu grande.
Rimasero a lungo a conversare e in quei momenti il tempo sembrò che avesse accorciato le distanze.
Giulia le disse che le successive vacanze sarebbe andata a trovarla ma Emma le rispose che dopo 15 giorni sarebbe ritornata a Roma. La mamma doveva essere sottoposta a
un delicato intervento chirurgico.
In quell’occasione si sarebbero incontrate.
Era impaziente di rivederla e contava i giorni e le ore che mancavano al suo ritorno. Si era fatta dare il numero del volo e l’orario del suo arrivo, per andare a prenderla all’aeroporto di Fiumicino. Il volo era in ritardo. Camminava su e giù impaziente davanti alla zona arrivi internazionali. Finalmente uscì dal gate, e l’incontro fu quanto mai commovente e… molto intenso! Si corsero incontro e rimasero a lungo abbracciate.
Si guardavano, si accarezzavano…. e i loro occhi erano lucidi di lacrime di gioia.
Emma aveva i capelli corti, castani, bruciati dal sole africano. Vestiva casual, con un paio di blu jeans, camicetta a fiori e giubbetto chiaro.
Giulia invece portava i capelli lunghi, color ebano, sciolti sulle spalle.
Indossava un completo scuro e camicetta bianca, classica “divisa” da dottoressa, pronta per recarsi in ospedale.
Presero un caffè espresso al bar dell’aeroporto, bevanda della quale Emma da tempo sentiva la nostalgia.
Durante il tragitto per arrivare a casa, nel quartiere Trieste, si raccontarono le loro vicissitudini da quando si erano lasciate. Ancora non avevano una loro vita privata, se non fugaci amicizie nell’ambito del lavoro.
Chi per un verso, chi per l’altro, avevano dedicato la loro vita alla medicina.
Giulia accompagnò Emma a casa, dove la mamma la aspettava con ansia.
Fu felice di rivederla dopo alcuni anni di lontananza.
Era sciupata e molto malata. Il giorno dopo l’accompagnò in ospedale dove doveva essere operata.
Giulia la raggiunse per starle vicino.
L’intervento fu lungo. Purtroppo il tumore e le metastasi avevano invaso tutto il corpo. I medici fecero del tutto per salvarla, ma il cuore cedette e morì sotto i ferri.
Emma fu colta dallo sconforto… adesso non aveva più nessuno al mondo… solo l’amica del cuore che aveva appena ritrovato.
Dopo il funerale, Giulia l’ospitò a casa sua.
Tutti cercarono di consolarla e le prepararono un lettino accanto a quello dell’amica. Prima di addormentarsi discussero a lungo sul loro futuro. Era la prima volta, dopo tanti anni, che sentiva accanto a sé il calore familiare.
Giulia le propose di rimanere a Roma.
Non poteva più restare in Africa, dove i pericoli erano sempre crescenti e in agguato.
Le suggerì di rimanere nella casa lasciata della mamma, nello stesso quartiere di Giulia.
L’indomani Giulia si sarebbe interessata presso il Bambino Gesù dove sapeva che avevano bisogno di una pediatra con esperienza in malattie contagiose e tropicali.
Ritornò a casa tutta trionfante! Avevano preso in considerazione la sua segnalazione e avevano convocato l’amica per il giorno dopo per un colloquio.
Emma ne fu molto felice e insieme con lei si presentò in Ospedale. Alla fine dell’incontro tutta la commissione esaminatrice fu soddisfatta della nuova dottoressa, che
oltre a una forte personalità aveva un curriculum di tutto rispetto, sia per quanto riguardava gli studi che per le esperienze fatte in Africa. La presero subito in prova per tre mesi. Quella era la prassi. Finito il periodo, sicuramente sarebbe stata assunta in pianta stabile.
E così fu!
“L’incontro inaspettato” aveva contribuito a far ritrovare e consolidare un’antica amicizia.
Nicola Genovese
Il romanzo di Nicola Genovese “Il figlio del prete e la zammara” è reperibile su Ibs libri, oppure richiedendolo direttamente all’editore Aulino Tel.3284793977 oppure via e-mail:info@Aulinoeditore.it