Terme di Stigliano. «Dopo duemila anni il M5S è riuscito in un’impresa, far chiudere un impianto termale di eccellenza del Lazio, quello di Stigliano, che richiamava ogni anno centinaia di turisti. Terme, vale la pena ricordarlo, che venivano utilizzate fin dai tempi degli estruschi e dei romani. L’atto di diniego all’autorizzazione ambientale e la cervellotica interpretazione del testo unico ambientale del 2006 da parte della Città Metropolitana di Roma Capitale, guidata dal M5S, è assurdo e va immediatamente rivisto prima che si pronunci il Tar il 13 luglio».
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«Sedici persone occupate nell’impianto termale sono già in cassintegrazione. E altri 60 lavoratori dell’indotto rischiano di fare la stessa fine. Come Regione, e di questo ringrazio il presidente della commissione attività produttive Maselli, non siamo stati a guardare. Abbiamo esaminato in via d’urgenza le proposte avanzate da Federterme e dai sindaci dei territori limitrofi, coinvolto le strutture regionali sanità e attività produttive. E avviato un iter per riesaminare il decreto 152 e scongiurare così i rischi sull’intera attività termale del Lazio che rischia di essere coinvolta in tutta questa assurda vicenda. Siamo di fronte a un serio rischio per l’occupazione e l’economia dell’intera Regione. La Città Metropolitana si fermi». Lo dichiara il consigliere regionale del Pd Lazio, Michela Califano.
TERME DI STIGLIANO, MANUNTA, CITTÀ METROPOLITANA: “ATTI IN LINEA CON IL PARERE DEL MINISTERO, LA SOCIETÀ NON ERA AUTORIZZATA AGLI SCARICHI DELLE ACQUE TERMALI”
«Sul diniego allo scarico delle acque per lo stabilimento termale di Stigliano, a seguito di quanto emerso sulla stampa pochi giorni fa è doveroso fare alcune precisazioni», dichiara il Consigliere metropolitano delegato all’Ambiente, Matteo Manunta.
«Il procedimento è aperto dal 2015: non è certo un atto avventato, né caduto “tra capo e collo”. Proprio considerando le ricadute economiche e occupazionali dell’area, abbiamo curato l’istruttoria interpellando tutte le autorità coinvolte, a partire dalla Regione Lazio, da cui dipende la concessione. La Asl ha confermato la presenza di arsenico e il Ministero dell’Ambiente ha dato il proprio parere negativo. A quello si è allineata la Città metropolitana, che non ha alcun potere di derogare ai limiti previsti per legge».
«L’autorizzazione negata riguarda lo scarico delle sole acque reflue domestiche (provenienti dai bagni e dalla cucina). Lo scarico delle acque termali dalle tre sorgenti esistenti e utilizzate (non quattro, come dichiarato dalla Società) non è mai stato autorizzato, e non è stato possibile valutarlo in questa fase anche perché la stessa Società non ha mai fornito un quadro completo né sugli impianti di canalizzazione né sulle analisi delle acque».
«Il Ministero dell’Ambiente ha chiarito che – nonostante le acque di sorgente presentino naturalmente una quantità di sostanze pericolose – lo scarico delle acque anche per il solo corpo idrico superficiale non poteva essere consentito. Non si tratta quindi di un’interpretazione restrittiva delle norme, ma di una precisa applicazione delle stesse, per evitare che la concentrazione di sostanze pericolose, oltre certi limiti che sono stati certificati, creino danni all’ambiente e alla salute pubblica», conclude Manunta