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Roma. 43enne sbranato dal cane, la moglie disperata: ‘Voglio sapere la verità, mio marito ancora non può essere seppellito’

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Sono passate più di due settimane da quando Gianluca Romagnoli, il pubblicitario 43enne sbranato presumibilmente dal suo cane durante una passeggiata, ma ancora non è stata fatta totale chiarezza sulla sua atroce morte.

A rilasciare un’intervista commovente la moglie Isabella Longoni, disperata per quanto accaduto quel terribile 24 marzo in un parco di Colle del Sole, sulla Prenestina, e per l’impossibilità, ancora oggi, di dare una degna sepoltura a suo marito.

“Ancora non posso neanche fare il funerale a mio marito, perché manca il nullaosta da parte della magistratura. Il corpo è a loro disposizione, ma nessuno ha ancora disposto l’autopsia”.

Il cane corso della coppia, Tiago, che secondo gli inquirenti ha sbranato e ucciso il 43enne, si trova al canile, ma ovviamente la donna non può riprenderlo se prima non sa cosa sia veramente successo, se sia stato davvero lui a sbranare il padrone o se, al contrario, abbia solo tentato di difenderlo dall’attacco di un altro cane.

“Se davvero fosse stato lui – spiega ai nostri microfoni Isabella – non potrei prenderlo e portarlo a casa, a contatto con i miei figli. Ma se non fosse stato lui e Tiago lo solo ha difeso? Come potrei lasciarlo in canile con questo dubbio? Voglio delle risposte, che possono arrivare solo con l’autopsia e l’analisi dei morsi”.

“Inizialmente ho dato quasi per scontato che a sbranare Gianluca fosse stato Tiago, ma adesso non ne sono più sicura. Gianluca un paio di giorni prima che venisse ucciso mi aveva raccontato che durante la consueta passeggiata si era imbattuto in un grosso cane grigio che li aveva spaventati per la sua aria rabbiosa e aggressiva. Il prato dove è accaduta la disgrazia viene frequentato anche dai pastori con le loro pecore e i loro cani”.

Isabella il giorno dopo la morte del marito ha ripercorso il tratto di terreno da casa sua al luogo della disgrazia.

“Ci sono i segni di un combattimento che si è trascinato per quasi 30 metri. Per terra c’erano le piume del suo giubbetto, pietre e bastoni intrisi di sangue, forse usati da lui per difendersi. Non è così scontato che sia stato Tiago ad addentarlo. E non è possibile fugare i dubbi senza un’autopsia, vanno fatti tutti i riscontri di laboratorio su Dna, arcata dentale, tracce biologiche. Ho preparato delle memorie e venerdì mattina sono andata in Procura a piazzale Clodio per consegnarla e chiedere di avviare delle indagini sulla morte di mio marito, ma il magistrato, quando è arrivato alle 14, non mi ha ricevuta e anche la memoria non è stata accettata: non era l’ufficio giusto, dovevo portarla altrove. Dovrò consegnarla domani. Intanto i giorni passano e il corpo di mio marito è all’obitorio, io sono disperata, al dolore immenso si aggiunge questo senso di impotenza, di abbandono. Vorrei che qualcuno prendesse a cuore questa vicenda, per andare a fondo e farmi conoscere la verità”.

 

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