La storia della condivisione
Condividere: possedere insieme, partecipare insieme, offrire del proprio ad altri.
Si tratta di un impulso innato presente negli uomini e negli animali. Il bambino già dal grembo inizia il suo scambio di condivisone con il mondo esterno: assorbe gli alimenti, i suoni, il calore, il contatto delle mani sulla pancia, le emozioni, l’atmosfera in casa e tutto ciò che ruota intorno alla quotidianità della mamma.
Il piacere della condivisione continua anche da adulti senza limite di tempo, promuovendo la possibilità di creare legami sociali. Inoltre, diversi studi scientifici mostrano come il dare informazioni accrescendo le conoscenze sul mondo e raccontare le proprie esperienze, stimoli le aree cerebrali della gratificazione nutrendoci come i bambini nel grembo.
Condividere è un dono, non un like
Il “kula” è uno scambio simbolico di doni tra abitanti di isole diverse della Nuova Guinea che avviene da generazioni per sancire alleanze dal punto di vista sociale e commerciale, non è altro che il baratto di una collana di conchiglie con un bracciale e ci insegna quanto un semplice gesto possa contenere dinamiche importanti di fiducia, alleanza, generosità e presenza concreta.
Ad oggi ci scambiamo presenze in piazze virtuali, ma quanto riusciamo a creare veramente? Chiuso il pc e lo smartphone chi abbiamo accanto fisicamente in un momento importante?
A parte qualche cliente in più in ambito lavorativo, la condivisione virtuale rischia di essere inconsistente perché non rende immediato lo strutturarsi della fiducia: qualcosa nella nostra società attualmente è andata perduta.
La condivisione è un cibo sano per il benessere, ogni giorno va inserito nella nostra dieta mentale come esperienza assolutamente indispensabile; parlare agli altri delle nostre emozioni, delle nostre paure o semplicemente di un litigio col partner aiuta l’elaborazione dell’accaduto ed è funzionale ai fini della risoluzione… Possiamo farlo semplicemente, anche offrendo un caffè e un abbraccio.
Quando nasce l’alterazione
Il bambino si riflette nell’adulto, si percepisce e modifica il proprio comportamento in base alle reazioni che vede, in seguito alle azioni che compie. Sono tante le esperienze che portano all’alterazione di questo funzionamento: l’essere figlio unico, vivere in un ambiente allarmante o più semplicemente un gesto di disattenzione ripetuto, come l’esempio che segue:
Immaginiamo un bambino che disegna, felice va dalla mamma e glielo mostra
- Genitore rigido
lo giudica, gli dice che non ha colorato bene e tende a correggere i suoi “errori”: il bambino svilupperà senso di incapacità e insicurezza;
- Genitore assente
preso dai propri pensieri il genitore mette sul tavolo il disegno senza dire nulla, senza guardarlo: il bambino non si sentirà visto né considerato, invisibile.
In seguito a queste due tipologie di comportamento – se ripetute nel tempo – avremo molto probabilmente un adulto con difficoltà nella condivisione.
Cosa fare
I rapporti per essere sani necessitano dello scambio reciproco, una costante curiosità verso l’altro per ascoltare in maniera empatica: le amicizie, gli amori, i rapporti lavorativi e sociali nascono tutti da una base condivisa. Per un funzionamento pieno di questa esperienza abbiamo bisogno almeno di:
1. Apertura
Lasciare aperta la porta della conoscenza, alla scoperta dell’altro nella realtà concreta: essere da soli è ben diverso dall’essere isolati.
2. Piacere dell’altro
L’aspetto profondo dello stare con l’altro è la totale assenza di un compito, il non dover fare o mostrare a tutti i costi.
3. Piacere all’altro
La seduzione non è erotismo come spesso si crede, etimologicamente significa “condurre a sé”. Portare qualcuno verso la propria direzione attraverso la stretta di mano o il contatto visivo, consente l’instaurarsi di una relazione che è ben diverso dal pubblicare o inviare foto audaci.
“Se tu hai una mela e io ho una mela e ce la scambiamo, allora tu e io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea e io ho un’idea e ce la scambiamo, allora entrambi abbiamo due idee”.
(G. B. Shaw).
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno