Home » Aprilia News » Pronto Soccorso di Latina: intervista al primario Mario Mellacina e al dottor Antonio Di Carlo

Pronto Soccorso di Latina: intervista al primario Mario Mellacina e al dottor Antonio Di Carlo

Pubblicato il

L’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina è uno dei più importanti del Lazio, punto di riferimento assoluto per tutto il Sud Pontino sia dal punto di vista della professionalità dell’equipe clinica, sia dal punto di vista delle attrezzatura.

Ma, ormai da una decina d’anni, presenta l’irrisolto problema del Pronto Soccorso: decine di pazienti in attesa di ricovero, nei corridoi, talvolta anche per tre giorni.

Recandoci personalmente nel nosocomio, abbiamo voluto intervistare due professionisti della medicina d’urgenza che operano nell’apparato per comprendere le dinamiche e soluzioni possibili. Mentre raggiungevamo gli uffici, sfilavamo lungo i corridoi dove erano assiepate barelle con gente dolorante, malata, flebo che stillavano qualche goccia di benessere o di torpore.

Mario Mellacina, di Latina medico d’urgenza e primario del Pronto Soccorso dal 2004.

Dottor Mellacina a in questo ospedale si vive una situazione di emergenza nell’emergenza, vuol illustrarci cosa accade? “Questa purtroppo è la condizione che investe tutti i grandi pronto soccorso del Lazio: alle 11 di mattina di un giorno feriale, nei P.S. di tutta la regione, ci sono circa 600 pazienti fermi, anche per due giorni in attesa di ricovero. Facendo una media vaga, sono circa 60 persone per ospedale. Questo investe solo i grandi nosocomi, perchè le strutture più piccole la realtà è differente.

“Latina fa parte dei grandi ospedali, dove i posti letto sono ridotti anche del 40%. Il nostro P.S. peraltro ricovera pazienti destinati anche alla pediatria e alla ginecologia, quindi c’è un notevole smistamento tra i reparti. Non chiediamo, quindi molti posti all’ospedale. Ma il problema è la mancanza di giusta ricettività: nel presidio nord, un tempo c’erano 700 posti letto, ora 320!”

Che soluzioni si posso attuare per alleggerire il carico? “O l’aumento dei posti letto o la creazione di strutture chiamate holding area, all’interno dei reparti, dove il paziente attende il ricovero. In questo modo, si smaltisce l’afflusso del P.S. Ovviamente, i pazienti vanno a carico dei reparti che li dovranno assorbire.

“Questa è la prima delle soluzioni che ci consente di avere il P.S. vuoto per poter accettare altre emergenze.”

Si tratta di soluzioni teoriche le state già attuando? “No, sono solo teoriche. Io faccio parte della commissione della Regione Lazio e questa è una delle indicazioni che è stata suggerita. Siamo alla vigilia di modifiche del Triage, ma abbiamo modifiche anche da parte del Ministero della Salute che stabilisce come tempo massimo per un paziente all’interno del P.S. è di 8 ore.

Che cosa significa questo per chi lavora in Pronto Soccorso? “Ecco, questo è uno dei grandi problemi! Questa struttura conta 25 posti letto, ma i pazienti sono più del doppio: così in una stanza per 8 letti, metti 20 pazienti, quindi ci sono i problemi anche di privacy. Abbiamo una azienda sensibile fortunatamente.

“Noi abbiamo circa 55 codici gialli al giorni circa 10 codici rossi al giorno, più una media di 25 pazienti in attesa di ricovero. Tra quest’ultimi non vi è solo la persona tranquilla, ma hai a che fare anche con la persona critica.

Tutto quello di cui abbiamo parlato finora comprime i medici e gli infermieri in maniera significativa. Siamo prossimi ad un ampliamento della struttura di altri 650 mq. Le attrezzature sono ottime e all’avanguardia, ma resta il problema del sovraffollamento e non in ultimo di risorse umane: i medici di urgenza non ci sono. I prossimi usciranno nel 2019. L’Ospedale di Parma, per esempio, ma anche il Pertini di Roma hanno indetto un concorso per i medici di P.S.: nessuna partecipazione! Primo i medici in genere sono pochi, quelli che ci sono non vogliono venire in P.S. Abbiamo necessità di professionisti di medicina d’urgenza.

“A Latina siamo 18 medici che fanno i turni ma ce ne mancano 6! Il nostro è un lavoro davvero durissimo, difficile e pericoloso. Ve lo può spiegare anche il collega Antonio Di Carlo che è venuto a lavorare da qualche mese da noi e che ho voluto perché è un ottimo medico e ha l’attitudine proprio per questa specializzazione: la medicina d’urgenza.  Nell’ospedale di  Latina ci sono tra i migliori medici e infermieri e non ho scelto a caso il collega: lui ha la condizione mentale per essere un ottimo medico, è un uomo modesto e umile. Chi non ha queste qualità è pericoloso e fa drammi!” “

Dottor Antonio Di Carlo, di Aprilia, medico presso il Pronto Soccorso di Latina

Dottor Di Carlo ci racconti la sua scelta e come si trova a vivere in un contesto così diverso da quello di Ponza dove ha lavorato per 10 anni. “Ho scelto di venire sulla terraferma anche per motivi familiari: ho un ragazzo adolescente e volevo stargli più vicino. Sebbene non abbia la specializzazione idonea ma ho molti master ed esperienza anche al P.S. di Aprilia. Sono stato anche in missione con l’esercito, in Libano e lì operavo nelle tende. 

“Il dottor Mellacina mi ha chiamato e al mio arrivo ho praticamente ricominciato tutto da capo, poiché a Ponza, per 10 anni ho dovuto dare le mie diagnosi solo con visite cliniche, non avendo strumentazioni per radiografie, tac ed ecografie. Dai risultati cercavo di valutare se mandarlo a casa o farlo trasferire.

“Qui il lavoro è completamente diverso avendo a disposizione i migliori macchinari per facilitare una diagnosi. 

“Ricominciare da capo mi ha molto gratificato, sebbene la mole di lavoro sia spaventosa. Nonostante tutto e nonostante non sia più un giovanotto, sono ripartito praticamente da zero, reimpostando tutto il mio lavoro finora svolto sull’isola.

“Lei pensi che negli anni a Ponza avevo anche intrapreso gli studi per diventare dentista ed ero a buon punto, ma poi per me la medicina d’urgenza è una vocazione, uno stimolo adrenalinico quotidiano, una passione pura.

“Avrei potuto fare il medico di famiglia tante altre cose, ma è qui che mi sento vivo.”

Dottor Di Carlo, riferendomi all’assenza di personale medico d’urgenza, forse è proprio per il fatto che questa attività tiene sempre in grande tensione, ansia il professionista? “Si i pericoli sono tanti, le responsabilità anche, ci sono tensioni continue: spesso si verificano aggressioni in P.S. Spesso in P.S. arrivano persone che non hanno nulla e portano un sovraffollamento inutile. Ma è difficile capire chi è che sta veramente male fino a che non è stato visitato. Filtrare la domanda di cura è impossibile…”

Qui interviene di nuovo il primario  Mellacina: “Nel Lazio 10 anni fa arrivavano in P.S. 500mila persone, oggi sono 2 milio e 500mila, questo significa che le strutture di emergenza urgenza sono quelle di cui la gente si fida, sono gratis e in poche ore risolve il problema.

“Si consideri infine che è cambiata la qualità dei pazienti che riceviamo: è aumentata la vita media (siamo il secondo paese al mondo per età media) abbiamo vinto la battaglia contro le malattie acute ma questo porta la acutizzazione delle malattie croniche. Così si presentano al P.S. pazienti con 7 patologie insieme: diabete, insufficienza respiratoria, cardiopatico. La complessità del paziente è davvero importante, ma anche quella di noi medici in queste condizioni e sempre in prima linea!”

Marina Cozzo

 

 

Impostazioni privacy