L’autore di Aprilia si racconta venerdì 12 ottobre alle ore 18 al Museo della Terra Pontina di Latina. Per l’occasione saranno esposte alcune sue sculture
Si terrà venerdì 12 ottobre alle ore 18, al Museo della Terra Pontina di Latina, la presentazione della monografia “Sentimento e Materia” (Editoriale Giorgio Mondadori) di Ignazio Colagrossi.
Dopo alcune anteprime a Roma e Capranica Prenestina, il maestro volge lo sguardo alla terra pontina, che decenni fa lo adottò per non lasciarlo più scappare, rappresentando ancora oggi rifugio per la sua vita privata ed artistica. Sarà un incontro dedicato alla cultura e al territorio, un itinerario nei 23 anni di carriera di un artista che ha affidato alle sue creazioni – poesia, pittura e scultura – la sua lettura critica del mondo e della società. Un traguardo celebrato proprio con la pubblicazione “Sentimento e Materia”, in cui vengono raccolte tutte le opere che lo hanno consegnato al panorama artistico nazionale, esponendo, in maniera permanente, nei luoghi più importanti e prestigiosi.
Il maestro Colagrossi, introdotto dalla direttrice del Museo Manuela Francesconi, sarà intervistato dal giornalista Fabrizio Giona, autore della prefazione della monografia, e dialogherà con gli amici Daniela Carfagna, Mario Tieghi e Giorgio Maulucci.
Per l’occasione saranno esposte alcune delle sculture presenti in terra Pontina, come “Il volto di Cristo”, inabissato nei fondali a ridosso di San Felice Circeo, e “San Giovanni Paolo II”, opera presente presso la Chiesa di Santa Maria degli Angeli di San Felice e presso la Sala Stampa del Vaticano. Entrambe le opere sono state archiviate nella Collezione Sgarbi, il quale ha riconosciuto la validità dell’impegno stilistico di Colagrossi. Durante la presentazione verrà proiettato anche un video che illustra la nascita delle sculture del maestro, autodidatta dalla grande forza espressiva.
Come scrive Fabrizio Giona nella prefazione: “[…] Colagrossi non indossa maschere, al contrario si manifesta nella sua spontaneità, offrendo al suo pubblico la rappresentazione genuina del suo essere interiore e di una società che ha bisogno di (ri)abituarsi al bello, di seguire il cambiamento senza lasciarsi sopraffare da questo e soprattutto di tornare al senso estetico tipico dell’Arte (inteso nella sua accezione più ampia). Nelle sue opere non c’è mistificazione o simbolo alienante, non c’è spersonalizzazione o frantumazione dell’io in identità multiple: il Maestro crea lasciandosi trasportare dal vissuto del momento, dal bisogno di raccontare e trasferire all’altro la sua verità. Le sue opere dunque, indipendentemente dal mezzo espressivo con le quali vengono divulgate, assurgono a forma di narrazione e per l’Artista sono un primario strumento catartico”