E’ morta dopo essere stata abbandonata su una barella del pronto soccorso per 15 ore con dolori lancinanti all’addome. E’ successo a Roma all’ospedale Sant’Eugenio, dove la donna, Giulia Riondino, una pensionata di 73 anni, era stata ricoverata lo scorso 3 settembre per una colica renale.
All’anziana non era stato inserito il catetere (a causa dell’assenza dell’urologo in struttura) e, sentita l’esigenza di andare in bagno, dopo ore e ore passate su una barella del pronto soccorso in attesa che qualcuno l’accompagnasse, aveva deciso di provare ad alzarsi ed andarci da sola.
«Ci era stato detto», riferiscono i familiari della donna, «che in quel momento non era possibile provvedere con cannule. E che nostra madre avrebbe dovuto pazientare fino al mattino successivo per essere sottoposta al catetere, fino a quando, insomma, non sarebbe stata affidata a un urologo».
Purtroppo però al mattino successivo la donna è stata ritrovata nel bagno del pronto soccorso da uno dei medici, riversa a terra in una pozza di sangue. L’anziana quindi, anziché essere spostata nel reparto di urologia, è stata trasportata d’urgenza presso l’ospedale San Camillo per essere sottoposta ad un delicatissimo intervento chirurgico.
Nonostante l’impegno dei medici del San Camillo, l’intervento non è bastato per salvare la vita alla Riondino. La 73enne è infatti deceduta nel pomeriggio di giovedì 6 settembre, dopo 48 ore di agonia.
Ora sarà un’inchiesta avviata in procura dal pm Clara de Cecilia, che ieri ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, a stabilire se la morte di Giulia Riondino poteva essere evitata.
I figli della donna, che hanno sporto immediatamente denuncia nei confronti dei sanitari dell’ospedale S. Eugenio, hanno dichiarato: «Avrebbe dovuto espellere un calcolo, era dolorante, ma è stata lasciata senza catetere. Se lo avesse avuto o almeno avesse ricevuto più attenzione non sarebbe morta. Invece è caduta sola, in bagno. Come è possibile morire in ospedale e per uno scivolone?».