La testimonianza
Ho avuto modo di parlare in una lunga telefonata con questa giovane mamma, una voce piena di rabbia e delusione per un fenomeno che sembra allargarsi a macchia d’olio in una piccola comunità dove tutto dovrebbe essere sotto controllo: il malcontento per un sistema scolastico che sminuisce gli eventi come «ragazzinate»; i genitori che incitano alla violenza come su un ring da combattimento «insegna tuo figlio a difendersi»; le accuse di essere «troppo chioccia»; e l’impotenza finale: «se non la smettono sono costretta a cambiare scuola a mio figlio».
Non starò a dilungarmi su quelli che sono gli aspetti psicologici, il racconto che leggeremo di seguito dice già tutto: è mio dovere dare voce a chi subisce non solo la violenza tra i giovani ma anche il giudizio degli adulti, quelli che stanno formando gli uomini e le donne della società futura.
L’intervista
D: da quanto tempo è iniziata questa storia?
R: Io credo che sia iniziata proprio dal primo anno scolastico. Mio figlio caratterialmente è molto silenzioso, molto timido, fa fatica a inserirsi e a comunicare con gli altri bambini, fortunatamente piano piano è riuscito ad inserirsi in un gruppo, ci va molto d’accordo e sono tre o quattro di loro.
D: nel passaggio alle classi successive si è portato dietro compagni o si trova in un ambiente nuovo?
R: c’era un suo compagno che si portava dietro, anche lui ha subito attacchi di bullismo il quale ha cercato di farsi del male fisicamente.
D: Cos’è successo a tuo figlio?
R: con mio figlio ho molta comunicazione, parliamo tantissimo; purtroppo è stato preso di mira da un coetaneo che dava fastidio, con questo ragazzino non ha mai avuto un buon rapporto. C’è stato un periodo in cui tornava a casa molto nervoso, rispondeva al fratello così come veniva trattato in classe, io gli dicevo «che sta succedendo, a scuola tutto a posto?» ma poi vedevo che aveva gli stessi amici e mi sono detta forse è l’apprensione di una mamma, come al solito e ho lasciato un po’ correre. Poi è successo che è venuto da scuola piangendo e mi sono spaventata perché lui ha detto «voglio morire, non voglio tornare a scuola, ho vergogna». Mi ha raccontato che in continuazione veniva attaccato ad alta voce davanti ai compagni con frasi che per un bambino sembrano assurde.
D: come ti sei comportata?
R: io sono andata a parlare prima con la professoressa e la vice preside, dopodiché ho voluto parlare fuori dal contesto scolastico con la madre. Mi ha risposto che sono bambini e che problema c’era che sono ragazzinate e che lei più volte ha detto al figlio di non giocare con mio figlio. Fino a quando mio figlio non è stato minacciato che sarebbe stato picchiato fuori scuola.
D: queste cose le hai sapute dai racconti di tuo figlio?
R: si, e che lui doveva perdere giorni di scuola no. Quindi sono ritornata a scuola e ne ho parlato ancora con i professori i quali mi hanno detto che non era la prima volta che questo ragazzo creava problemi nella scuola e fuori scuola.
D: e i professori cosa hanno pensato di fare? Quando accadono di questi episodi, loro dove stanno?
R: la scuola dice che non c’è bullismo, che siamo noi mamme esagerate e che è tutto sotto controllo. C’è stata una professoressa che ha preso a cuore la situazione e già dal giorno dopo si è tranquillizzata, e non so quali provvedimenti siano stati attuati. Non ho indagato, per me l’importante che mio figlio sia sereno, perché sono adolescenti e si trovano in un momento particolare di crescita. Non permetto a nessuno di togliere l’autostima a mio figlio.
D: tuo figlio è fragile, credi ne abbiano approfittato?
R: si, assolutamente si. A me dispiace che dopo mio figlio siano passati ad un altro ragazzino.
D: la professoressa sapeva?
R: si, lei già sapeva. Aveva già più volte preso provvedimenti, dando punizioni, convocando i genitori, ma purtroppo i professori non hanno più autorevolezza, perché dietro di loro ci sono genitori che a loro volta non rispettano i professori.
D: ad oggi com’è la situazione?
R: quando ci incontriamo in strada a Torvaianica ancora prendono di mira mio figlio, noncurante della mia presenza.
D: negli episodi successivi riportati dai giornali, i bulli sono sempre gli stessi?
R: si, sono più o meno gli stessi che hanno partecipato nella scuola e altri che si sono aggregati e che non stanno nella scuola.
D: come sta tuo figlio?
R: sembra bene, però questa cosa l’ha un po’ scombussolato e spero che se la porti nel dimenticatoio. La vita è questa purtroppo, ci sono persone buone che vengono sottomesse e persone cattive che agiscono. Le altre mamme mi hanno detto che devo insegnare a mio figlio a difendersi, deve picchiare, ma io gli ho insegnato il rispetto nei confronti degli altri, per quale motivo devo insegnare a mio figlio ad alzare le mani e a difendersi in quel modo? non esiste!
D: il rendimento scolastico di tuo figlio ha subito variazioni?
R: si certo è andato male, ma per fortuna è stato promosso perché gli insegnanti hanno capito la situazione. Io spero che quest’anno non ci siano problemi perché sennò sarò costretta a cambiargli proprio scuola.
D: quali sintomi ha riportato tuo figlio?
R: Lui ha paura per il prossimo inverno, io gli ho detto che deve parlarmene sempre e se succede ancora cambiamo scuola. Ha paura per le offese verbali, calci sugli stinchi, lo sbatteva sulla sedia. Lui gli diceva di smetterla e quando ha reagito dando una spinta è stato minacciato che fuori scuola sarebbe stato picchiato: è dovuto scappare in ansia. Se mio figlio avesse fatto una cosa del genere io davanti alla madre del ragazzino gli davo una pizza in bocca e gli avrei fatto chiedere scusa.
D: le altre mamme ti hanno supportata?
R: alcune hanno preso posizione, altre invece hanno giustificato la cosa dicendo che sono bambini e mi hanno detto che devo insegnare a mio figlio a difendersi. Che poi si è visto cosa è successo all’altro bambino, difendersi da cosa e da chi? agiscono in branco, fintanto che è uno a uno va pure bene, una spinta uno schiaffo ci può stare, ma quando arriva la paura psicologica del «ti picchiamo» e non del «ti picchio» un ragazzino cosa deve fare? Mi hanno fatto sentire anche a me in colpa, perché dicono che sono una mamma chioccia che lo tengo sotto la campana di vetro, che se è cosi è per colpa mia… io mi sono sentita mortificata, non trovare solidarietà dalle altre mamme è stata tosta.
D: e sulla vicenda del bambino finito in ospedale, cosa dicono? è una ragazzata anche quella?
R: dicono «chissà cosa ha fatto questo bambino per meritarsi questo». Io non posso dare la colpa a dei bambini.
D: tuo figlio ti ha mai chiesto di cambiare scuola?
R: no, lui è molto legato ai compagni e poi gli ho insegnato che scappare davanti ai problemi non è una soluzione, e di ignorare ogni frase che gli viene detta.
D: cosa vuoi che scriva?
R: aggiungi che le mamme devono parlare con i propri figli e che devono ascoltarli, perché è importante il dialogo tra genitori-figli, importantissimo. Io vorrei tanto che nelle scuole si facesse un’ora a settimana di educazione contro il bullismo, non ci sono sportelli di ascolto per questi ragazzi.
«La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci»
(Isaac Asimov)
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Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno