L’ultimo caso
Nei giorni scorsi la comunità di Torvaianica ha vissuto diversi episodi di bullismo ai danni di due adolescenti: un gruppetto di età compresa tra i 14 e i 16 anni, tra cui anche una giovanissima ragazza, ha fatto notizia. Ne parla questo giornale qui.
Si è discusso molto negli ultimi anni di «baby gang» come fenomeno soprattutto napoletano; secondo alcuni «Gomorra» ha creato dei modelli ai quali i giovani si ispirano, secondo altri tali modelli esistono già e la fiction li racconta.
Mi sento di dire che in questo contesto non possiamo «incolpare» Roberto Saviano con la sua serie, poiché dubito che un adolescente del posto possa prendere ad esempio i personaggi stile Savastano.
Le testimonianze: omertà?
Ho più volte invitato le vittime di bullismo/cyberbullismo a parlare, a non avere paura di raccontare la loro storia per comprendere e far comprendere che la vergogna appartiene a chi agisce violenza e non a chi la subisce. Condividere la propria esperienza è fondamentale per unire tutti i ragazzi che stanno attraversando la stessa condizione, e permettere ai genitori di fare il possibile affinché non accada ancora… ma spesso, sono proprio gli adulti a chiudersi per la paura di mettere ulteriormente in pericolo i figli.
L’omertà è il terreno fertile dei crimini: dal bullo alla mafia. E finiamo per fare il loro gioco.
È pur vero che le forze dell’ordine non hanno strumenti di azione efficaci, in quanto non esiste al momento una fattispecie legislativa per il bullismo; i parlamentari e il legislatore dovrebbero prevederla permettendo processi rapidi ed efficaci.
La denuncia
Benché non vi sia -ancora- una normativa specifica, le vittime di bullismo sono considerate vittime di un reato ed hanno diritto ad essere risarcite.
Le famiglie, a cui spetta il compito più difficile, non devono farsi fermare dalla lunghezza dei processi, le spese legali le deve pagare il condannato: sentenza su sentenza, riusciremo a fermarli.
Il più delle volte l’atto di bullismo viola sia la legge penale sia quella civile, quindi può dar vita a due processi, l’uno penale e l’altro civile.
Reati penali:
– percosse (art.581 codice penale) o lesioni, se lasciano tracce-conseguenze più o meno gravi (art. 582 e ss cod. pen.);
– danni alle cose, danneggiamento (art. 635 cod. pen.);
– offese o diffamazione (art. 594 e 595 cod. pen.);
– minacce (art. 612 cod. pen.);
– prese in giro, molestia o disturbo alle persone (art. 660 cod. pen.).
Reati civili:
– danno morale (alterazione dell’umore, ansia);
– danno biologico (alterazione dello stato di salute);
– danno esistenziale (alterazione del modo di agire, essere costretti a relazionarsi diversamente).
Insomma, dopo la denuncia bisogna rivolgersi ad un avvocato ed intraprendere una causa davanti al Tribunale civile, salvo che ci si metta d’accordo prima.
Chi è responsabile?
Bullo maggiorenne: la responsabilità è solo sua;
Bullo minorenne: responsabilità degli insegnanti (che hanno il dovere di vigilare sui ragazzi), dell’amministrazione scolastica (che ha il dovere di controllare che sussista una vigilanza) e dei genitori (coloro che hanno il dovere di educare il ragazzo).
Anche il minore, se ritenuto capace di intendere di volere, è chiamato a rispondere degli atti di bullismo, insieme ai genitori ed alla scuola.
Cosa fare
In attesa di una normativa efficace noi tutti possiamo attivarci per porre un limite a questo fenomeno; cercare le cause in modelli sociali a cui i ragazzi farebbero riferimento, sposta l’attenzione da quello che è a mio parere il vero problema e dunque, l’origine di atteggiamenti violenti nei giovani, che molto spesso è nella famiglia.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno