Non si arresta, in Italia, il consumo di suolo. A dare l’allarme è il Rapporto dedicato al tema, targato Ispra-Snpa. Ogni due ore, sul territorio Italiano, nasce una nuova Piazza Navona in cemento.
L’ambiente diventi una priorità
I dati del Rapporto tracciano uno scenario davvero preoccupante e a poco sembrano servire gli strumenti, anche giuridici, messi in atto dai Governiper arrestare il consumo di suolo e, più in generale, i danni contro l’ambiente. Per favorire un approccio sempre più sostenibile verso il mondo che ci circonda, infatti, è stata introdotta anche la responsabilità civile in materia di danno ambientale, che può essere tradotta come “chi inquina paga” e la cui conoscenza può essere approfondita grazie agli esperti di AvvocatoAccanto, il portale che avvicina i professionisti legali a tutti. Le cattive abitudini, purtroppo, sembrano essere più forti degli strumenti di tutela.
I dati nel dettaglio
Guardando alle sole infrastrutture e ai cantieri aperti nel corso del 2017, il dato su cui fermarsi a riflettere è quello relativo al suolo occupato da questi elementi: oltre 3 mila ettari, comprensivi di aree protette e aree a pericolosità idrogeologica, oltre ad aree vincolate per la tutela del paesaggio. Nell’ultimo anno, la superficie naturale si è assottigliata di altri 52 chilometri quadrati. Proprio il dato che porta l’Ispra a dire che ogni due ore nasce in Italia una nuova Piazza Navona.
Non fidarsi del rallentamento
Se anche sembra rallentare la velocità a cui viene consumato il terreno, attestandosi su unamedia di 2 metri quadri al secondo, non si tratta di un segnale positivo. A cambiare, infatti, sono i criteri di misurazione, anche a causa della crisi economica. “Il consumo di suolo non si ferma – spiega Michele Munafò, curatore del rapporto Ispra-, la crisi economica ha rallentato negli ultimi anni il processo ma oggi nel nord est il consumo di suolo avanza più velocemente che nel passato. Un fenomeno che sembra inarrestabile senza una politica anche a livello nazionale di limitazione di arresto dello spreco di questa risorsa fondamentale”.
Il dato che preoccupa di più
A far riflettere, poi, è il dato relativo al consumo di suolo in aree protette da (in teoria) da vincoli paesaggistici. Qui si concentra quasi un quarto (il 24,61 per cento) del nuovo consumo di suolo netto tra il 2016 e il 2017. Il 64 per cento, di questo, è dato dalla presenza di cantieri, infrastrutture o coperture permanenti. Ciò vuol dire che, soprattutto nelle regioni settentrionali, i nuovi edifici rappresentano il 13,2 per cento del territorio vincolato perso nell’ultimo anno. Non va meglio nelle aree interessate dal rischio idrogeologico, dove si continua a costruire, nonostante i rischi. Il 6 per cento delle trasformazioni del 2017, infatti, si trova in aree a pericolosità da frana e più del 15 per cento in quelle a pericolosità idraulica media.
Male i parchi nazionali
Va molto male nelle aree dei parchi nazionali. Peggio di tutti sul fronte delle trasformazioni fa quello dei Monti Sibillini, con più di 24 ettari di territorio consumato nel 2017. Al secondo e terzo posto, poi, ci sono quello del Gran Sasso e dei Monti della Laga, con altri 24 ettari di territorio impermeabilizzati. Maglie nere per suolo divorato ai parchi nazionali del Vesuvio, dell’Arcipelago di La Maddalena e del Circeo.