Le sono andati in fumo prodotti per decine di migliaia di mila euro, ha perso il lavoro, è stata messa in ginocchio economicamente, ma in due anni e mezzo non ha visto un centesimo per il solito scaricabarile tra assicurazioni, unito ai tempi biblici della giustizia. E’ l’amara sorte toccata a una commerciante cinquantenne di Roma, in “buona” compagnia con altri quattro colleghi, che gestivano tutti la loro attività all’interno del centro commerciale “Eschilo”, nell’omonima via nel municipio di Roma X, in seguito al violento incendio che si è sviluppato nella struttura il 23 dicembre 2015, in pieno giorno, alle 17, e per di più nell’antivigilia di Natale. Tant’è che la prima preoccupazione dei vigili del fuoco, intervenuti in forze, è stata quella di evacuare e mettere in salvo le tante persone presenti, per poi spegnere le fiamme che avevano interessato il corpo di fabbrica al civico 72.
Tra i negozi più colpiti dal rogo quello di abbigliamento che aveva in locazione L. M., dove i danni non sono rimasti limitati alle strutture murarie e agli impianti, ma hanno riguardato anche tutta la merce, sia quella in esposizione sia quella stoccata in magazzino, andata o bruciata o affumicata: 587 capi, per un valore di quasi 50mila euro. Ma il problema ancora più grave è che la negoziante, oltre alla pesante perdita economica, non ha più potuto riprendere l’attività: la struttura è stata infatti interdetta. La danneggiata, attraverso il consulente personale Riccardo Vizzi, si è dunque rivolta a Studio 3A società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, per essere risarcita, ma il caso si è subito rivelato in salita. Nel loro rapporto, infatti, i vigili del fuoco hanno appurato che l’incendio doveva essersi sviluppato nei locali al primo piano dove aveva sede un centro estetico, e dove infatti erano gravemente danneggiate le controsoffittature, i ballatoi e le strutture di copertura direttamente sovrastanti l’area interessata, ma hanno concluso che non era stato possibile stabilire con certezza le cause del rogo.
La Procura di Roma, con il Pubblico Ministero dott.ssa Maria Letizia Golfieri, ha aperto un procedimento penale per il reato di incendio colposo in concorso indagando le due titolari del centro estetico, che aveva una polizza per la Responsabilità Civile verso Terzi stipulata con la compagnia Allianz ma con un massimale di soli 250mila euro, insufficienti a coprire tutti i danni: le parti lese erano rappresentate da ben cinque commercianti. Il Sostituto Procuratore, il 7 settembre 2016, ha conferito l’incarico a un consulente tecnico, il dott. Massimo Moncelli, per stabilire le cause dell’incendio e relative responsabilità e anche Studio 3A ha messo a disposizione per la propria assistita un consulente tecnico di parte per seguire le operazioni peritali. Nel dicembre 2016 si è arrivati al deposito della perizia, nella quale il Ctu, come già i pompieri, rilevava che l’area del focolaio iniziale era quella adiacente all’impianto di climatizzazione, che si trovava nel sottotetto, con l’alloggiamento dei motori dell’impianto, e che in quella superficie si trovava il magazzino deposito dei prodotti cosmetici utilizzati per l’attività commerciale del centro: prodotti che, sottolinea il perito, “se riscaldati a una temperatura superiore al loro punto di infiammabilità possono accendersi. In sostanza, l’incendio ne ha sicuramente provocato l’accensione, con una conseguente maggior temperatura nell’area in questione”. Peccato però che anche il consulente della Procura, di fronte al fatto che l’intera porzione incendiata era stata bonificata e tutto il materiale era andato perduto, abbia concluso che “in assenza dei materiali residuati dell’incendio, e in particolar modo dell’impiantistica, non è possibile determinare la causa, se cioè sia dipeso da guasto accidentale, corto circuito o altro motivo”.
Risultato, dopo mesi di attesa il Pm, non essendo stati acquisiti tutti gli elementi idonei a sostenere l’accusa contro le due indagate in sede penale, ha chiesto di archiviare il fascicolo e il Giudice del Tribunale di Roma, dott.ssa Antonella Mimmuni, con atto del 9 aprile 2018 ha accolto la richiesta, disponendo l’archiviazione. Allianz, che sino ad allora aveva respinto ogni richiesta di risarcimento trincerandosi dentro il procedimento ancora in corso, a quel punto ha chiuso le porte e a nulla sono valse le rimostranze da parte di Studio 3A che ha obiettato con forza come la mancata possibilità di definire una responsabilità sul piano penale in capo alle titolari del centro estetico non escluda quella sul piano civile e quindi l’obbligo risarcitorio. La compagnia che assicurava l’attività da cui si è originato l’incendio a questo punto ha scaricato le colpe sull’impianto elettrico del centro commerciale, chiamando dunque in causa la compagnia che copriva quest’ultimo, cioè Cattolica. La quale, “naturalmente”, non la vede così e ritiene responsabile esclusivamente il centro estetico.
Morale della triste favola, la povera commerciante, che il danno per colpa di terzi l’ha subito, e grosso, nel frattempo è stata costretta a trovarsi un’altra occupazione come impiegata, non avendo le risorse economiche per aprire un altro negozio, e anzi si dibatte tra i debiti non essendo riuscita a recuperare un euro di quanto ha perduto. Se tuttavia non si riuscirà a definire al più presto stragiudizialmente la vertenza e a liquidare il danno, Studio 3A è deciso ad andare fino in fondo per tutelare i diritti calpestati della propria assistita, innanzitutto con una denuncia di entrambe le compagnie che si rimpallano le responsabilità all’Istituto di Vigilanza sulle assicurazioni, l’Ivass, e in seconda battuta con un’inevitabile azione civile.
Nicola De Rossi