La società multitasking
Essere multitasking vuole dire «fare più cose contemporaneamente», una capacità che molti di noi posseggono e che ci porta tanti vantaggi ai fini pratici: esempio classico l’adolescente che studia mentre ascolta la musica e invia messaggi WhatsApp o l’adulto che parla al telefono mentre guida. Tutto molto funzionale e aderente alle richieste che ci arrivano dall’ambiente, ma siamo sicuri che faccia bene al nostro sistema psicofisico?
Attivazione/disattivazione
Dopo lunghe ore di lavoro il corpo diventa rigido per la postura, l’attenzione prolungata tende ad offuscarsi, il respiro si accorcia e il peso aumenta di minuto in minuto riducendo la qualità produttiva: il nostro ciclo fisiologico di attivazione è mediamente efficace per 45 minuti, dopodiché crolla a picco.
Quando la nostra attenzione è suddivisa su più compiti non ci rendiamo conto pienamente di cosa stiamo facendo, il cervello non immagazzina i dati e ci perdiamo informazioni importanti; in altri termini è un generatore di errori per mancanza di attenzione: chi troppo vuole, nulla stringe.
E le emozioni?
La parte emotiva per potersi esprimere necessita delle sensazioni e senza il tempo necessario queste non si attivano; un bambino di 3 anni, 50 anni fa era attirato dal rumore delle pentole adoperate dalla mamma in cucina, oggi un bambino di 3 anni viene attirato dal suono della notifica sullo smartphone: nel primo caso il piccolo sa che la mamma è con lui in casa con la relativa sensazione di protezione; nel secondo…?
Nella velocità del «fare in simultanea» il sistema emotivo viene quasi soffocato, il bambino – ma anche l’adulto – non ha più il tempo per raccontare le favole o passeggiare in tutta lentezza, il sistema moderno a fine giornata ci fa sentire intontiti come a seguito di una notte insonne o dopo aver fumato marijuana; inoltre aumenta il flusso di cortisolo, meglio conosciuto come l’ormone dello stress.
Quante cose hai fatto mentre leggevi questo articolo? cosa ricordi? hai avvertito qualche emozione in particolare?
Staccare la spina
Fermarsi un’ora al giorno è un dovere che abbiamo verso noi stessi, una sorta di «pillola» rigenerativa che ci dà la carica, uno stop che interrompe qualsiasi attività, un breve lasso di tempo chiuso in una parentesi funzionale necessaria al nostro benessere psicofisico.
Esistono una serie di accorgimenti che possiamo adottare e farne una routine quotidiana.
1) Fare una cosa per volta: semplicemente mettere via il telefono o il computer mentre si consumano i pasti, dare la possibilità al corpo di sentire il gusto, vedere i colori e annusare i profumo.
2) Respirare lentamente: riempire la pancia, chiudere gli occhi e stirare i muscoli per permettere al copro di allentare la tensione ed espandersi.
3) «Stare»: è un funzionamento fondamentale, è il semplice non fare apprezzando i momenti di vuoto, come il bambino nella culla che resta con lo sguardo incantato in un punto lontano.
4) Coltivare le relazioni: una telefonata all’amico mentre si prende un caffè, parlare di argomenti leggeri come un viaggio o un film… anche il pettegolezzo va bene!
5) Dedicare del tempo al corpo: fare un bagno, mettere la crema, ascoltare musica sotto la doccia.
La micropausa
“Vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo: una tazzina di caffè presa tranquillamente qui fuori, con un simpatico dirimpettaio!”
(Eduardo de Filippo)
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno