Luigi Centore
MALATA E SFRATTATA: APPELLO AL SINDACO
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Un appuntamento con il sindaco, per cercare insieme la soluzione ad un dramma familiare. E’ questo quanto chiede una donna cinquantaquattrenne di Ardea che, tra pochi giorni, dovrà lasciare la sua casa in affitto, dalla quale è stata sfrattata per morosità. Nell’appartamento vivono in tre, padre, madre e figlia minorenne. La loro è una storia comune a tante altre persone, soprattutto in un periodo di crisi economica come quello che l’intera Nazione sta vivendo. Ma ai problemi economici si aggiungono quelli di salute, causa indiretta dello sfratto. La donna è infatti affetta dal morbo di Crohn, patologia cronica dell’intestino. Per seguirla il marito – dipendente di una cooperativa di Roma, con uno stipendio di circa 800 euro al mese – perde numerose giornate lavorative, facendo così ridurre il già magro salario. E l’affitto costa 550,00 euro mese, troppi per poter anche mangiare e curarsi. La signora, disperata, ha più volte chiesto aiuto ai servizi sociali, ma pare che gli stessi abbiano già fatto quanto la legge consentiva di fare in questi casi. Troppo poco, almeno secondo la famiglia che il 20 febbraio si ritroverà senza più un tetto sulla testa. “Fatemi incontrare il sindaco di Ardea – chiede la donna ai giornalisti – Ormai non ci sono più proroghe allo sfratto e riconosco che il proprietario ha tutto il diritto di riavere la sua casa, visto che noi non possiamo più permetterci di pagarla. Chiedo quindi alle Istituzioni ed sindaco, che già in passato ha aiutato altre persone in difficoltà, di darci una mano, interessandosi al nostro caso. Spero che non si intervenga solo quando qualcuno minaccia di uccidersi, ma che si possa fare qualcosa prima di arrivare a gesti disperati”. Coinvolta nel caso anche l’Amministrazione di Pomezia, Comune nel quale la donna ha presentato istanza per avere un alloggio popolare, che non ha però ottenuto. “Ho una figlia minorenne, chiedo che mi venga dato un alloggio popolare soprattutto per lei. Dove non ha importanza, basta che sia una casa”.
Luigi Centore